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Associazione Archès

IL LAGHETTO ARTIFICIALE NEL CANALE FANO A SALVE (LECCE)

di Nicola Febbraro

Ci sono storie, che si fa fatica a credere che siano realmente accadute, nelle quali la fantasia sembra rincorrere la realtà e viceversa.

Brevi cenni geomorfologici 

Nel corso degli ultimi milioni di anni, dapprima un corso d’acqua e poi il mare hanno scavato e dato forma, nel territorio di Salve, estremità Sud-occidentale del Capo di Leuca, all’avvallamento di un piccolo canyon: il Canale Fano (fig. 1).

 Fig. 1. Il territorio dei Fani con le due gravinelle (foto di G. Negro).

La piccola gravinella è un’incisione articolata, che si sviluppa lungo due rami pressoché paralleli, che si approfondiscono di almeno 20 metri rispetto al territorio circostante. Il suo ramo occidentale, noto come Canale Fano, ha un andamento pressoché rettilineo nel primo tratto, sino alla Grotta delle Fate, laddove si congiunge con il ramo orientale, denominato Taviano-Fano, noto localmente con il nome di Canale Tariano. Quest’ultimo ha origine poche centinaia di metri a NE dalla località Sorgente Pozziche, nel territorio del Comune di Presicce (fig. 2).

Fig. 2. Grotticella da cui sgorga la sorgente “Pozziche”. 

Il suo percorso, pressoché rettilineo nel suo tratto iniziale, devia verso sud nei pressi della Masseria Serrazza e, dopo tre ampi meandri, si congiunge con l’altro ramo. Il Canale Fano, nei pressi della Grotta delle Fate, assume una direzione N-S sino alla piana costiera in località la Cabina.

L’acqua e la roccia

Riguardo ai fenomeni carsici, cui è da attribuire la presenza di un ruscello perenne nel fondo del piccolo canyon, raramente hanno permesso lo scorrimento di acqua in superficie nel Salento. Il tutto a causa della costituzione calcarea della stragrande maggioranza delle formazioni rocciose ivi presenti.

L’azione chimica e meccanica delle acque piovane circolanti in superficie, infatti, perpetrata su rocce idrosolubili, come quelle calcaree, ha fatto sì che nei millenni si creasse il tipico paesaggio carsico, privo di idrografia di superficie e per contro ricco di grotte, doline, inghiottitoi, caverne, pozzi naturali, che hanno alimentato una ricca circolazione idrica sotterranea.

È proprio in località Fano, nel territorio di Salve, che sono state censite  alcune delle pochissime sorgenti di acqua dolce subaeree presenti a livello salentino. L’area è caratterizzata da polle d’acqua perenni, la cui portata media, almeno nel caso della sorgente ubicata nel fondo del canyon ed a breve distanza in linea d’aria dalla Masseria Fano, è di circa 100 litri al minuto (fig. 3).

Fig. 3. Sorgenti e torrenti di acqua dolce nel territorio dei Fani.

La sorgente del Fano è stata inclusa in un elenco, redatto dalla Provincia di Lecce (grazie ad un’apposita legge e a vari decreti a partire dal 1884), di 16 fonti di acqua per le quali “l’uso deve essere concesso per le derivazioni di acque pubbliche” (Fosso dei Samari a Gallipoli, Fiume Idro e Lago Alimini Piccolo ad Otranto, Canale Rauccio a Lecce, ecc.).

Una frequentazione molto antica

Animali ed esseri senzienti da tempo immemore hanno calcato questi luoghi, ricchi di risorse atte a soddisfare la dignitosa vita di gruppi umani dapprima errabondi e poi stanziali. Si è passati così dai Neanderthal ai Sapiens, dalle grotte ai villaggi, dalla caccia all’agricoltura, dai villaggi di capanne alle cittadine fortificate, dai riti ancestrali ai luoghi di culto cristiani, dalle masserie fortificate e i pirati ai duri lavori agricoli e alle pajare (fig. 4), dagli elefanti in carne ed ossa a quelli “vegetali”, fatti di tronchi e rami secchi rivestiti di foglie e fiori infestanti (ipomea indica): la cosiddetta e ricercatissima “Valle degli EleFàni o Elefanti” (fig. 5).

  Fig. 4. Complesso di pajare sulla collina di Spigolizzi.

Fig. 5. La valle del canale Fano con gli alberi di ulivo ricoperti dall’ipomea indica

Una ricchezza di frequentazione preistorica, protostorica e storica, accertata da decenni di ricerche archeologiche (sia di superficie che per mezzo di scavi stratigrafici); un’area sfruttata nei secoli a scopi agricoli e, solo di recente, anche per altre finalità. Risale a circa 16 anni fa, a titolo d’esempio, l’organizzazione di un rave party illegale (fig. 6).

Fig. 6. Foto del rave party ai Fani (fonte: www.salveweb.it). 

Una storia scoperta (quasi) per caso: il laghetto artificiale e la summer school di Dan Paich 

Si favoleggiava da tempo, peraltro, su quanto fosse qui accaduto nel corso degli anni ’70 del secolo scorso, per più anni consecutivi e sempre d’estate. Le favole poi sono diventate storia, le ninfe donne in carne ed ossa e si sono materializzati i maghi, ma sotto le spoglie di artisti in erba o già maturi, architetti e musicisti.

Un articolo rinvenuto quasi casualmente in rete ci ha permesso di delineare questa incredibile pagina della millenaria storia del piccolo canyon.

Slobodan Dan Paich è un artista nato in Jugoslavia  e vissuto prevalentemente fra l’Inghilterra (dove ha insegnato Storia dell’ Arte a Londra) e gli USA in California. Vinse il concorso francese “Idee per un edificio che promuove l’apprendimento permanente” e divenne il presidente/direttore degli “Studi del Villaggio Educativo della Fondazione Fano” e della “Scuola Estiva Internazionale d’Arte” tenutasi, proprio nel Canale Fano, dal 1975 al 1980 (fig. 7). L’invito giunse dall’allora proprietaria della Masseria Fano e dei fondi ad essa annessi: la baronessa Maria Vittoria Colonna-Winspeare.

Fig. 7. Alcune fasi della “summer school” ai Fani (fonte: https://slobodandanpaich.designspektrum.com/sdp_cv/fanofoundation.html). 

I partecipanti, nel corso di cinque estati consecutive, ripristinarono le costruzioni a secco presenti in zona, nelle quali vivevano, costruirono una capanna usando tecniche primitive, recuperando materiali naturali, e realizzarono un laghetto artificiale. Queste le parole di Slobodan a riguardo: “È un esperimento di convivenza, in una comunità di apprendimento, che si sfida ricostruendo tutto come da capo” (fig. 8).

Fig. 8. Alcune fasi della costruzione della capanna primitiva

(fonte: https://slobodandanpaich.designspektrum.com/sdp_cv/fanofoundation.html). 

Il laghetto fu il frutto di tre anni di lavoro e fu reso possibile solo grazie alla presenza in zona, allora come oggi, del già citato ruscello perenne alimentato da acqua sorgiva. Questo fu temporaneamente deviato, giusto il tempo di scavare l’avvallamento di quello che sarebbe stato il futuro laghetto, di costruirne gli argini, prosciugarne ed impermeabilizzarne il fondo e realizzare due piccole dighe: una anteriormente e l’altra posteriormente al laghetto (fig. 9).

Fig. 9. Alcune fasi della realizzazione del laghetto artificiale (fonte: https://slobodandanpaich.designspektrum.com/sdp_cv/fanofoundation.html). 

Dopo tutta la costruzione, ogni traccia della mano umana, che aveva lavorato la terra divenne invisibile poiché i processi naturali abbondavano. Terminati i lavori, infatti, il lago era mimetizzato grazie alla piantumazione, nel corso degli anni, di varie piante autoctone. L’intenzione del suo ideatore  era che il lago divenisse un rifugio poetico lontano dal trambusto quotidiano (fig. 10).

Fig. 1o. Le varie fasi di “costruzione del laghetto artificiale”. 

L’epilogo

Oggi non è possibile appurare se sia rimasta o meno traccia dei lavori, che hanno portato alla realizzazione del laghetto, in quanto la vegetazione spontanea ha completamente ricoperto l’area interessata dalla presenza dello stesso. Considerando la portata delle opere, è però facilmente immaginabile che siano ancora visibili. Il ruscello ha comunque ripreso a scorrere seguendo il suo corso naturale di superficie, tornando ad inabissarsi nelle falde freatiche sotterranee, immediatamente a valle rispetto al punto in cui sorgeva il laghetto.

Opinabile o meno, si è trattato dunque di un intervento reversibile, che ha lasciato inalterato, a pochi decenni di distanza, un delicato e meraviglioso ecosistema, permettendo peraltro un fresco bagnetto ai frequentatori estivi dell’area in quell’epoca (fig. 11).

Fig. 11. Il bagno nel laghetto (fonte: https://slobodandanpaich.designspektrum.com/sdp_cv/fanofoundation.html).

Nei paesi vicini, invece, la vita degli uomini continuava a scorrere come al suo solito e tutti (o quasi) ignoravano ciò che stava accadendo a breve distanza da loro.

Bibliografia

Febbraro (a cura di), “Archeologia del Salento”, Libellula Edizioni (Tricase, Lecce), luglio 2011 (prima ristampa luglio 2015, seconda ristampa luglio 2021).

Sitografia

https://slobodandanpaich.designspektrum.com/sdp_cv/fanofoundation.html